Viviamo in un mondo super digitale e sempre connesso, e di conseguenza anche il modo di parlare cambia in fretta. Lo slang della Gen Z, cioè noi che siamo nati tra la fine degli anni ’90 e i primi 2000, è la prova di quanto il linguaggio possa evolversi. Nato soprattutto sui social, TikTok, Instagram e chat, questo modo di parlare è fresco, vibra con le tendenze del momento e racconta il nostro bisogno di sentirci parte di qualcosa di unico in un mondo che corre a mille.
Lo slang della Gen Z tra Cambridge e Treccani
Molti dizionari tradizionali hanno iniziato a riconoscere e includere parole dello slang della Gen Z, riconoscendo così l’importanza di questi termini nel linguaggio contemporaneo.
In particolare, il Cambridge Dictionary ha fatto passi significativi aggiornando regolarmente il proprio vocabolario con espressioni nate sui social media e tra i giovani. Parole come “stan,” “ghosting” e “flexare” sono entrate a far parte ufficialmente delle loro pagine, segnando un ponte tra il linguaggio informale giovanile e quello accademico.
Anche il dizionario Treccani, punto di riferimento per la lingua italiana, dedica sempre più spazio ai neologismi e alle espressioni giovanili della Generazione Z, evidenziando come lo slang non sia solo un fenomeno momentaneo ma un vero cambiamento linguistico. L’inclusione dello slang della Gen Z nei dizionari dimostra quanto questa forma di linguaggio rappresenti una parte integrante dell’evoluzione della lingua mondiale.
Linguaggio 2.0
Lo slang della Gen Z è un mix super vivace e in continuo cambiamento, tutto nato tra social, videogame e cultura pop. Tra le parole che usiamo più spesso troviamo ghostare, cioè sparire all’improvviso da una chat o una storia senza dire nulla; flexare, che vuol dire mostrare qualcosa per farsi notare o vantarsi; e crush, la persona per cui abbiamo la cotta.
Poi ci sono parole come mood, che serve a dire l’umore del momento, e dissing, che è l’arte di “attaccare” o prendere in giro qualcuno, spesso sui social o persino nelle canzoni. Senza dimenticare il classico hype, l’entusiasmo enorme o l’attesa febbrile per qualcosa o qualcuno. E ovvio, non mancano parole tipo shippare, che è quando speriamo che due persone stiano insieme, o tryhard, chi si impegna talmente tanto da sembrare esagerato. Infine, non può mancare il famigerato cringe, tutto ciò che è imbarazzante o fuori luogo al punto da far ridere o rabbrividire.
La parola “amo” è praticamente un must per noi Gen Z. La usiamo sempre, in modo semplice ma pieno di affetto e approvazione, per mostrare entusiasmo o quanto ci colpisce qualcosa, che siano persone, situazioni o cose di tutti i giorni. Che stiamo commentando una foto, una frase, un video o semplicemente un momento con gli amici, dire “amo” è il modo più rapido e diretto per far sapere che ci piace, che ci sta, o che ci sentiamo vicini a quello che sta succedendo. È come una mini dichiarazione d’amore verso tutto quello che ci fa stare bene, e rende ogni scambio più caldo, spontaneo e sincero. In poche parole, “amo” è diventato un punto fermo del nostro modo di parlare.
Linguaggi a confronto: da MSN a TikTok
Tra noi della Gen Z e le generazioni precedenti, il linguaggio digitale mostra differenze evidenti. I nostri genitori, Millennials o Gen X, usavano chat come MSN Messenger o IRC, dove i messaggi erano limitati a 100 caratteri. Per questo si affidavano a abbreviazioni come “brb” e “lol” e usavano modi creativi per comunicare tanto in poco spazio, mantenendo uno stile più attento all’ortografia.
Noi siamo cresciuti invece con WhatsApp, Instagram e TikTok, dove la comunicazione si fa con emoji, sticker, video brevi e slang sempre nuovo. Gli sticker, in particolare, sono un modo diretto e visivo per esprimerci e rendere le chat più divertenti.
Mentre le generazioni precedenti usavano un linguaggio più tradizionale, noi usiamo abbreviazioni, neologismi e un mix di italiano e inglese con parole come “flexare”, “ghostare” o “cringe”, che a loro suonano strane. Questo linguaggio veloce e virale riflette chi siamo e come viviamo nelle comunità digitali.
Non è questione di meglio o peggio, ma di differenze che rispecchiano i nostri tempi e passioni.
Conclusione
In un mondo che cambia velocemente, anche il modo di parlare evolve con noi.
Lo slang della Gen Z non è solo un modo di comunicare, ma un modo per esprimere chi siamo, le nostre emozioni e i legami che costruiamo ogni giorno, tra meme, chat e video. Ecco perché anche chi ci guarda da fuori dovrebbe andare oltre il semplice “cringe” e provare a capire il linguaggio di una generazione che parla, crea e condivide a velocità mai viste prima.
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