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Gennaio 12, 2018 Roberta Giuliano Hello girls  

Etica, creatività e Instagram: gli esempi di Bebe Vio, Victoire Dauxerre e Ashley Graham.

Premessa: partiamo dal presupposto che quest’articolo non è una denuncia contro il mondo dei social e neanche un modo per tediarvi o scandalizzarvi. E no, non è neanche la base per la sceneggiatura di una nuova puntata di Black Mirror 😉 Si tratta di una semplice riflessione su come sopravvivere virtuosamente nel e al mondo di Instagram, distinguendoci si, ma senza troppe pippe mentali.

Secondo recenti studi, molti utenti (soprattutto adolescenti) che utilizzano Instagram sarebbero soggetti a turbamenti psicologici causati dall’ansia da prestazione social.
Pare che questo fenomeno non sia semplicisticamente attribuibile solo al numero dei follower e ai cuoricini ricevuti per pic pubblicata, ma che anche la tipologia di contenuto influisca sulla percezione di una realtà spesso troppo “perfetta” e che induce a metodi di confronto tra persone e situazioni assolutamente distorti e lontani dalla verità.

Contenuti fotografici visibilmente costruiti senza apparenti spiegazioni, causerebbero preoccupanti emulazioni per raggiungere il grado di perfezione anelato.

Anche a costo del proprio modo d’essere.

Spesso queste considerazioni sfociano in sconfortanti e fallimentari tentativi di mostrarsi e mostrare le proprie esistenze per quelle che non sono e non si vivono realmente, provocando bassa autostima e, nella peggiore delle ipotesi, addirittura patologie depressive. Si tende ad essere, purtroppo, quello che non si è, dimenticando che:
1) la fotografia è nata come un’arte capace di raccontare la realtà, la verità e la bellezza dell’essere in quel momento;
2) Instagram è stato pensato per condividere la spontaneità dell’attimo (ok, si è evoluto, ma non ci dimentichiamo le basi).

Molti utenti, infatti, vivono un costante sdoppiamento di personalità, con conseguenze molto spesso infelici, appunto, sulla vita vera. Nell’angolo della propria esistenza off line ci si arrovella sull’irrefrenabile voglia non solo di piacere a tutti i costi, ma anche di essere considerati dei leader perfetti. Con buona pace della spontaneità e dell’essere se stessi.

Ma perché fossilizzarsi così inutilmente su questi futili aspetti, quando il business o il personal branding non sono il fine ultimo dell’utilizzo di Instagram?

Questo dato allarmante apre molte riflessioni su di un sistema complesso d’interpretazione della realtà off line, assurdamente contaminata da quella espressa on line. Molti vogliono essere influencer subito, desiderano ardentemente essere seguiti e osannati, non mettendo al centro le proprie sensazioni e la qualità di una foto, ma solo il consenso.

I cosiddetti “Millennials” (ovvero i ragazzi nati tra la fine degli anni ’80 del Novecento e il nuovo millennio) sono quelli più toccati da questa tendenza alla comparazione e alla perfezione perché posseggono tutti i mezzi per confrontarsi con il resto del mondo, ma il fenomeno è in preoccupante aumento, arrivando a non avere un’età precisa di manifestazione e conducendo a un isolamento in mondi finti, costruiti e per niente realistici. E anche poco interessanti da osservare, sinceramente.

Ecco perché è buona norma, nello sconfinato web e tra circa 800 milioni di utenti attivi su Instagram, non solo realizzare foto di qualità, emozionali e giudicabili su basi espressamente estetiche (piace o non piace perché è una bella immagine o è un’immagine forse un po’ più “bruttina”, ma capace di raccontare un momento pieno di emozioni), ma anche iniziare a non farsi troppi problemi, curando sì l’estetica, il metodo e la tecnica, ma anche l’etica e il cuore, rimanendo se stessi, cercando di essere spontanei.

Ed ecco perché scegliere con cura dei modelli e dei profili da seguire, che siano portatori di principi etici e che inducano, con semplicità, alla riflessione su tematiche importanti e che esulino un po’ dall’essere e dell’apparire per forza “fighi”, è molto importante per trarne la giusta ispirazione.

A volte, l’imperfezione o quella ritenuta tale dai cliché, se rappresenta una nostra peculiarità e può servire anche da esempio per qualcuno o rappresentarci per quello che siamo realmente, è l’obiettivo a cui tendere per sviluppare senso critico e fare un buon lavoro di condivisione. Per sentirsi bene. Per comprendere che la vita non è racchiudibile in una gallery e che, se proprio vogliamo condividere il nostro mondo con il resto dell’umanità, non dobbiamo fossilizzarci sull’improbabile.

Anche se entriamo per un attimo nel settore del personal branding trattandosi di donne famose per quello che fanno e sono, tre profili etici da cui lasciarsi ispirare e che incarnano bene questi ultimi concetti sono quelli di Beatrice Vio, Victoire Dauxerre e Ashley Graham, ognuna con una sua storia di partenza e ognuna con una sua storia da raccontare e in continua evoluzione. Per questo non indicherò numeri di follower o di cuoricini in particolare, ma solo il perché seguirli. In semplicità e come se fossero le amiche della porta accanto.

@bebe_vio

Tra sport, lavoro, eventi e cause, Bebe Vio, al secolo Beatrice Maria Adelaide Marzia Vio, detta Bebe, schermitrice e conduttrice televisiva italiana, campionessa paralimpica e mondiale in carica di fioretto individuale e simbolo reale dello sport per tutti, è un modello molto positivo da seguire sui social.
Il racconto per immagini della sua vita professionale si alterna e incastra bene tra momenti vissuti in famiglia e piccole gioie quotidiane, attivismo nel campo delle pari opportunità e promozione di sani principi. Sempre con il sorriso sulle labbra e sempre mostrando la sua realtà.
La semplicità con cui ci coinvolge nelle sue azioni è una grande botta di vita: la fortuna ognuno se la costruisce da se quando comincia ad apprezzare la normalità e la bellezza dell’esistenza per quella che è e soprattutto se si parte da una terribile e segnante esperienza che, presa di petto (pur non senza difficoltà), aiuta a rinascere, a migliorarsi senza pretendere di essere altro, a pensare che “la vita è una figata” (cit.).

@victoiredauxerre

Ex modella adolescente e anoressica recuperata in tempo all’ultimo stadio della malattia, la francese Victoire Dauxerre con la sua battaglia contro l’eccessiva magrezza e rigidità sul tema delle taglie mignon nel mondo della moda, ha fatto si che in Francia la sua esperienza non solo fosse ascoltata, ma che servisse alla costituzione di una legge contro un fashion system che vuole degli appendiabiti pelle ed ossa sulle passerelle (molto, ma molto lontani dalla realtà vera).
Con frasi e racconti per immagini che mirano tutti nella direzione motivazionale ad accettarsi anche con i propri difetti, la Dauxerre ogni giorno (o quasi) incoraggia i follower e, soprattutto, i suoi coetanei a non scendere a compromessi che mettano in serio pericolo la propria salute (fisica e mentale). “Il primo passo per diventare ciò che vuoi è avere il coraggio di rigettare ciò che non vuoi essere.” (cit.). E ha ragione. Proviamoci.

@theashleygraham

Un po’ come la Dauxerre, Ashley Graham è la paladina della lotta al sistema delle modelle scheletriche. Lei, infatti, è una modella “curvy” che non ha mai nascosto la sua propensione a una vita sana, ma solo per una sua soddisfazione personale e per la sua salute. Non si è mai negata a scatti che mettessero in luce cellulite e imperfezioni fisiche e nulla le si può dire, tranne che non sia bellissima nella sua spontaneità. “A volte mi sveglio e penso ‘Sono la donna più grassa del mondo’. Ma tutto dipende da come gestisci quei risvegli. Io mi guardo allo specchio e ripeto delle semplici frasi: ‘Sei coraggiosa. Sei brillante e sei bellissima.’” (cit.). E come darle torto?

E ora, veniamo a noi. A questo punto non ti resta che fare 5 semplici cose: pensa, prepara, scatta, condividi e interagisci. +2: osserva e rimani te stesso. Buono scatto a te!

Per approfondire su quanto i social influiscano sulle nostre vite, ecco uno spunto: http://bit.ly/2D4hxm7

Se ti va di seguirmi su Instagram, cercami: sono @robdrusilla

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