Sembra incredibile ma è passato quasi un anno dal primo giorno di smart working generalizzato. Qual è la connessione tra smart working e work-life balance?
Nessuno poteva immaginare che sarebbe durata così tanto. È passato quasi un anno dal giorno in cui ci siamo portati a casa pc, agende, telefoni aziendali e tutto quello che ci serve per lavorare da casa. Abbiamo allestito spazi improbabili, abbiamo assistito a riunioni su Zoom dalle cucine e dalle camere da letto, qualcuno aveva già uno studio in casa, altri si sono adattati strada facendo.
Molte aziende avevano già iniziato ad offrire questa opzione ai propri dipendenti per uno o due giorni a settimana, oggi è il contrario.
Lavoriamo, non ancora tutti, un paio di giorni in ufficio e il resto del tempo stiamo a casa.
Oggi, dopo quasi un anno, di lavoro da casa possiamo iniziare a fare un bilancio. Com’è andata? È un vero smart working o assomiglia di più ad un telelavoro a volte quasi schiacciante?
Certo è che lo spazio pubblico-privato si è molto assottigliato, i confini sono sempre più labili e se prima ci immaginavamo il freelance che lavora dal divano oggi manager, professionisti, docenti universitari e molti altri vivono la stessa condizione.
La commistione tra ambienti domestici, legati alla propria intimità familiare e di vita quotidiana, e ambienti professionali ha un inevitabile impatto sugli umori di ognuno di noi. Se da una parte c’è chi non tornerebbe mai in ufficio, altri non vedono l’ora di infilarsi le scarpe la mattina per “andare a lavorare”.
Alcuni big player nazionali e internazionali – Booking in Olanda o Enel in Italia – hanno già annunciato che non si tornerà più in ufficio con gli stessi ritmi di 12 mesi fa. Andare a lavorare non esisterà più come lo abbiamo sempre immaginato.
Work-Life Balance
Eppure quello che oggi risulta difficile è tenere in equilibrio vita-professione, si cercano spazi per coltivare i propri interessi e momenti della giornata in cui allontanarsi fisicamente dal lavoro. Ebbene i telefoni squillano in continuazione e il pc è sempre a portata di mano.
E così il World Economic Forum sintetizza l’acronimo
DEMON: Device Addiction (dipendenza dai dispositivi elettronici),
Eye Strain (sforzo visivo), Mental health (salute mentale), Obesity (obesità), Neck and back pain (dolori al collo e alla schiena).
Allora siamo certi che questo smartworking ci stia facendo bene?
Nì, ma certamente lo smart working non può essere più considerato emergenziale ma parte del new normal.
Come non lasciarci schiacciare?
Possiamo provare a dimenticarci di pc e telefoni almeno per un paio di ore al giorno, ricordarci di fare delle pause, fare esercizio sia fisico che mentale e prestare attenzione al momento presente godendoci i momenti con la famiglia.